E il replicar l’e’ dolce in questo mar

Fonte: Piovono Rane

La versione di Gabry (con replica)

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Dopo questo articolo uscito venerdì su L’espresso, ci scrive l’onorevole Gabriella Carlucci. Invece della solita risposta in coda, mi sono permesso di chiosare in corsivo la lettera con le mie personali opinioni in merito. La lettera dell’onorevole Carlucci filata (senza le mie risposte) è qui.

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Caro Direttore, mi permetta di rispondere all’articolo riguardante la mia proposta di legge contro l’anonimato in rete, pubblicato sul suo periodico la scorsa settimana. Proposta che ha suscitato scomposte e inspiegabili reazioni.

Passi per «scomposte», ma non mi pare tanto «inspiegabile» che faccia girare le scatole a molti una proposta di legge che non mi pare esista in nessun ordinamento democratico come il «divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima».

E’ stato detto che la mia intenzione di vietare l’anonimato su Internet, adducendo la scusa della lotta alla pedofilia e dei reati di diffamazione, intenda in realtà combattere la pirateria e difendere il diritto d’autore.

Non è che «è stato detto». L’ha «detto» di fatto lei medesima, onorevole Carlucci, quando per scrivere la sua proposta ha usato un file originariamente creato dall’associazione produttori di audiovisivi.

Onestamente non vedo quale sia lo scandalo se questa fosse una delle finalità del provvedimento.

Mah, magari sarebbe stato corretto dirlo, che era una legge contro il peer-to-peer, invece di nascondersi dietro la crociata contro i pedofili. O no?

La domanda da porsi in realtà è: scaricare o diffondere opere coperte dal Diritto d’autore è o non è illegale? Chi critica la mia proposta chiede e pretende la libertà di violare il diritto altrui? Le chiedo: come reagirebbe lei ed il suo editore se qualcuno comprasse il suo periodico in edicola e poi pretendesse di non pagarlo all’edicolante? 

La domanda in questione – certamente lei lo sa – è al centro di un dibattito mondiale da alcuni anni e in proposito sono state scritte dozzine di libri (alcuni anche scaricabili on line). Comunque sì, al momento è illegale, ma bisogna capire se in termini di vantaggi complessivi della società sia meglio percorrere la strada della perseguibilità penale di chi scarica o quella di una liberazione per gradi e non necessariamente completa del diritto d’autore. Anche in proposito ci sono diversi studi, che sono certo lei, Carlucci, ha letto.
Quanto all’edicolante, immagino che sia lui a inseguire chi non paga “L’espresso”: ma quanto a noi, mettiamo on line gratis al 90 per cento il giornale ogni settimana, accanto a moltissimi altri contenuti prodotti solo per il Web, sperando fare la scelta giusta.

Internet oggi è un canale di diffusione di messaggi e contenuti che purtroppo si presta a diffondere notizie vere, ma si presta anche ad essere luogo virtuale e difficilmente controllabile nel quale commettere reati gravissimi o praticare l’illegalità.

Anche la via dove abito io è un luogo dove si possono commettere illegalità. Ma non sarebbe una buona idea mettere un poliziotto ogni dieci metri a chiedere i documenti a tutti i passanti. Altrimenti si chiama Stato di polizia.

A mio avviso, le libertà individuali non possono costituire scusa plausibile per la commissione di atti illegali. 

Certo. Purché il controllo preventivo non diventi soffocante. Vi chiamate mica Popolo della libertà?

In tal senso, per quanto riguarda il reato di diffamazione, chi mi accusa, in realtà pretende il diritto di rimanere anonimo per avere la libertà di calunniare gli altri senza pericolo di essere perseguiti o senza dare al diffamato alcuna possibilità di potersi difendere. Anche qui la domanda sorge spontanea: se si muove una critica o si esprime un’esplicita accusa verso qualcuno e si è coscienti che quanto affermato corrisponda a verità, non si comprende la necessità di celarsi dietro il paravento dell’ anonimato. 

A parte il fatto che l’anonimato propriamente detto in Rete già non esiste perché ci sono gli indirizzi IP da cui la polizia postale può arrivare quasi sempre all’autore di ogni contenuto, non capisco perché – ad esempio – un tipo che fa l’operaio alla Tubi Rossi debba firmarsi con nome e cognome se scrive on line che nella sua azienda non vengono rispettate le norme di sicurezza. E’ un esempio tra mille, naturalmente: il fatto è che il testo Carlucci semplicemente vieta di inserire contenuti anonimi, quindi allontanerà dalla Rete un sacco di persone che per le più svariate ragioni non vogliono apparire. L’effetto rischia di essere quello già ottenuto dal decreto Pisanu, che ha tarpato le ali all’Wi-Fi in Italia. Non propriamente un successo, in termini di sviluppo e innovazione.

I latini dicevano ubi societas ibi ius. Ritengo che una società senza regole sia destinata a perdersi nella totale anarchia. Quando una legge o delle regole vengono create per tutelare un diritto non sono lesive e non devono essere considerate come tali. Se regole chiare per internet non violano i diritti fondamentali ma tendono a difenderli, non possono che essere giudicate giuste ed equilibrate. Io sono fortemente persuasa che chi opera e naviga sulla rete, rispettando le leggi, non abbia davvero nulla da temere dalla mia proposta.

L’operaio della Tubi Rossi di cui sopra non sarebbe esattamente d’accordo. E con lui altri milioni di persone che postano o commentano anonimamente senza commettere alcun reato. Lei li trasformerebbe ipso facto in delinquenti, se ne rende conto?

Attraverso il mio provvedimento non si intende porre alcuna limitazione né tantomeno censure ad un uso consapevole di Internet.

Aiuto: cosa intende, onorevole, per «uso consapevole»? Se io passo la serata a guardarmi siti pornazzi è un uso inconsapevole e bisogna che il mio nome appaia sul sito tra chi lo sta frequentando? E non è che per caso per lei è un uso non consapevole di Internet anche Facebook, contro cui lei una volta ha tuonato? Ora capisce, onorevole, perché a molti non piace la sua proposta? Il diaframma tra un uso consapevole e un uso inconsapevole dove lo vuole fissare, esattamente?

Contrastare questa proposta di legge basandosi sul fatto che sia stata creata per colpire chi scarica illegalmente dalla rete prodotti coperti da copyright è semplicemente ridicolo, perché si chiede di chiudere gli occhi di fronte ad una palese illegalità.

Infatti: creata per punire i downloader, finirà per creare uno Stato di polizia sul web per tutti.

Peraltro non comprendo il fuoco di sbarramento ideologico e pretestuoso per una proposta certamente perfettibile che nel corso dell’iter parlamentare potrà essere emendata, grazie anche all’apporto di esperti del settore. 

Purtroppo, onorevole, è emerso che lei ha consultato lobbisti, più che esperti. A me farsi ispirare da una lobby sembra più «ideologico» delle pur scomposte reazioni che la sua proposta ha provocato. E usare come scusa la pedofilia mi sembra più «pretestuoso» ancora, mi perdoni.

Ritengo che non ci sia motivo di nascondersi nell’anonimato per esprimere la propria opinione; nella maggior parte dei casi si ricorre ad esso nel momento in cui si ha l’intenzione di delinquere.

Mah: francamente non mi risulta proprio che «la maggior parte» degli anonimi in rete delinqua. Che siti frequenta, onorevole?

Chi si nasconde dietro a uno pseudonimo o lo fa per ragioni di sicurezza, in tal caso la motivazione è accettabile, oppure lo fa per delinquere senza essere riconosciuto. Persone che si dichiarino oneste non dovrebbero quindi sentire il bisogno di celare il proprio nome.

A parte sempre l’operaio della Rossi Tubi, naturalmente. O quello che si guarda i pornazzi. O quello che va a cercare una fidanza su Meetic e non vuole che gli amici lo sappiano perché si vergogna. O quello che chattando non vuol far sapere la sua età e il suo curriculum, che magari col nome verrebbe fuori googlando il suo nome. O quello che etc etc: i casi sono infiniti. Nell’era di Google la privacy legata al nostro nome è minima, lo sa?

Infine, la mia proposta, seppur da perfezionare, non intende limitare alcuna libertà fondamentale, come qualcuno vuole far credere, bensì tende a garantire e favorire il rispetto delle leggi. Sarebbe senza dubbio opportuno collaborare con gli esperti della rete in modo da migliorare questa proposta di legge. 

Ecco, sull’ultima frase sono finalmente d’accordo: la migliori parlando con gli esperti, questa legge. Quindi viene sabato a Roma alla Festa sul copyleft, giusto?

L'insostenibile leggerezza del nulla, il mio unico commento alle dichiarazioni della (poco) Onorevole Carlucci e' solo un pacato

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