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Pinball wizard

L’altro ieri è morto, alla veneranda età di 100 anni, Steve Kordek, ovvero colui che aveva attaccato i flipper (le palette) per poter colpire la pallina che andava verso la buca.

Gran gioco, il flipper o, all’inglese, pinball: fu il papà, assieme al calcetto (o calciobalilla), del divertimento da bar in chiave “giovane”, il tutto mentre gli anziani giocavano a briscola, cirulla, scopa o tresette. Per i più bravi c’erano lo scopone scientifico e scala quaranta.

Stretta e lunga macchina, il flipper, che andava maneggiato con cura per non far arrivare il tilt. Piccoli “runsoni” (in italiano: “spinte”) laterali per far si che la palla non cadesse troppo centrale e neppure troppo lateralmente.

I tornei di flipper erano un must: si vedevano all’opera dei giocatori bravi, gente che con i due tastini laterali, per tacer del lanciatore, tracciava pura arte nella stanza giochi del bar che l’ospitava. O della parrocchia. Si, perché il flipper era un po’ Peppone e un po’ Don Camillo. A lui non interessava se eri un compagno, un camerata o un democristiano: bastava infilare la monetina nell’apposita feritoia per accenderlo. E da quel momento, e per cinque (poi ridotte a tre) palline era un’orgia di luci e suoni.

E quell’aggeggio ebbe una si larga diffusione da esser portata nell’era digitale: dal Flipper (Pinball) di Windows ai tanti, ma mai troppi, videogiochi basati su di esso.

Un gioco fatto di pura grazia, quasi un balletto, essenza dell’arte di quei ritrovi, i bar, che eran fumosi, catarrosi e con il jukebox per ascoltare le ultime hit musicali.

E, in un bel periodo, una di quelle, composta e cantata da alcuni sudditi di sua maestà, parlava di un giocatore di flipper: Pinball Wizard.

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