In giro per Vvardenfell
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In giro per Vvardenfell

Ha senso, alle soglie (o sogliole?) dell’imminente console next-gen o next-next-gen parlare di un videogioco uscito nel 2002?
La risposta a questa domanda solo apparentemente stupida è una ed una soltanto: SI!
Perché nell’era dei cloni, delle copie carbone, di pessimi sequitur e di qualche raro sprazzo di genialità, mediamente proveniente più dal mercato indie che da quello tradizionale, è giusto far notare come i grandi giochi ed i capolavori non hanno età e travalicano il tempo.
Se ancor oggi c’è gente di tutte le età che da tutte le latitudini va ad ammirare capolavori come “La Nascita di Venere” di Botticelli oppure “L’Empire des lumières” di Magritte un motivo ci sarà. E lo stesso vale per i videogiochi: titoli come Planescape:Torment, Half-Life, Civilization, Thief, The Secret Weapons of the Lutwaffe, e tanti altri che non nomino per amor di brevità, solcano le onde dello spazio e del tempo per esser giocati come, quando e se possibile (SWOTL, purtroppo, non gira neppure su DOSBox) perché appartengono a quel raro ed empireo mondo dei capolavori.
E lo stesso vale per The Elder Scroll III: Morrowind.

Dopo questa piccola parentesi sul motivo di questa mia recensione di Morrowind, che per la prima volta scrivo a gioco ancora da terminare perché altrimenti rischiate di leggerla intorno all’anno di grazia 2022 una digressione sui CRPG.
Questo genere di gioco si divide; se si escludono i titoli prettamente action come Diablo, Torchlight e simili; in due grandi famiglie:
1) story driven
2) open world
Tra i primi ci sono alcuni dei più importanti giochi del genere: dalla serie Baldur’s Gate fino a quella di Mass Effect passando per Planescape: Torment, The Witcher, Never Winter Nights 2 e tutti quei titoli che pongono la storia come fulcro centrale del gioco.
Tra i secondi spicca principalmente la serie The Elder Scroll: in questi giochi, a fronte di una storia spesso (non sempre) labile e talvolta ridicola, ti danno la possibilità di fare quello che vuoi… nel rispetto della legge, ma anche no. Sono giochi dove la libertà di movimento e di interpretazione del personaggio non ha limiti, al contrario di quanto avviene nei titoli basati su una storia.
Molti videogiocatori ritengono i secondi più ruolistici dei primi, data l’ampia gamma di ruoli e di abilità che determinano l’ampia libertà di interpretare il proprio personaggio. Si può fare di tutto (o quasi): dal guerriero più potente al commerciante più abile. Il fatto che il primo porterà a termine il gioco e che il secondo abbia la stessa utilità di uno spillo per combattere contro un leone pare non importare più di tanto a certi puristi: si vede che non vanno oltre la creazione del personaggio. Però la cosa che personalmente trovo assurda è che se ammazzo uno nel mezzo del nulla più assoluto quando torno nel primo insediamento umano io vengo arrestato. Nessun testimone ma lo sanno. Come? Questo è il dannato punto debole della serie: devi fare il dannato paladino, a parte alcune eccezioni.

Emula di Cristo in giro per Vvardenfell
Emula di Cristo in giro per Vvardenfell

Gameplay
Giocare a un titolo della serie The Elder Scroll è, per chi non l’ha mai fatto, estraniante: la visuale è in soggettiva, il combattimento estremamente dinamico. Se provenite dagli story driven qui vi trovate in un altro mondo, un’interfaccia totalmente diversa rispetto a ciò a cui siete abituati. Serve un veloce cambiamento di abito mentale se si vuole giocare a un titolo del genere. Quelli che più gli si assomigliano sono, tra i titoli e le saghe più recenti, i Gothic e i Risen.
Voi siete un,… un cosa? Un che? Un perché? Un quando-dove-come? Partiamo da un assunto: il personaggio ve lo create voi. E’ vero che esiste, a livello di classe, la possibilità di scegliere alcune predefinite dagli sviluppatori, ma la vera goduria risiede nel fare il personaggio che meglio si adatta alle nostre esigenze ruolistiche e di immedesimazione. Dalla razza al sesso alle abilità facciamo tutto noi, senza un ruleset che ci può limitare.
Totale libertà, pertanto?
Assolutamente no, perché anche qui vi sono delle leggi da rispettare: non rubare (anche se..), non ammazzare (anche se…), no questo e no altro. Anche se… anche se vi sono metodi, alcuni semplici ed altri più complessi, di aggirare il tutto.
Sbarcati dalla nave che ci ha ridato la libertà a noi povero ex galeotto/a, eccoci giunti nella cittadina di Seyda Neen (dieci case, un emporio, un forte, un esattore delle tasse scomparso, un faro e poco altro). Abbiamo anche il nostro primo compito, ma andando in giro a parlare con li abitanti ne scopriremo altri.
E poi, andando avanti, potremo unirci ad una o più gilde, diventare il signore di una delle tre grandi casate che si contendono il potere sull’isola, diventare il capo locale della Legione Imperiale e/o del Culto Imperiale (attenzione: alcune strade ne precludono altre: tra due gilde, non vi dico quali, c’è attrito. Si, le vostre scelte, bug a parte, sono importanti sia a livello interpretativo che narrativo).
Le abilità (skill) si migliorano usandole, e sono talmente tante, tra principali e secondarie, che vi verrà un infarto nel vederle tutte. Il livello massimo si otterrà quando tutte le skill saranno portate a 100: se volete passare la vostra vita su un solo gioco ecco il modo più semplice ed economico per farlo.

ScreenShot 5
Strane bestie in giro per il mondo

Grafica ed Audio
Gioco vecchiotto e, pertanto, grafica e comparto audio assolutamente antiquari anche se esistono alcuni plug-in (Morrowind Visual Pack 2, Visual Pack XT o l’italianissimo Morrowind Overhaul, generalmente considerato il migliore e giunto alla sua terza incarnazione) che migliorano decisamente ambo i comparti. Soprattutto quello grafico beneficia di miglioramenti notevoli, visto che si può paragonare al più recente Oblivion (Skyrim è ancora lontano). Il tutto con un motore grafico che è ancor oggi discretamente pesante su schede video non di primo pelo (tipo HD5450). Questo è dovuto a scelte tecniche al limite dell’assurdo: il gioco usa lo spazio colore a 32bit, per cui chi usa il desktop a 16 bit deve aumentarli, con conseguente rallentamento del sistema. Poi, e questa è una genialata, il motore di gioo renderizza tutti i poligoni, compresi quelli non visibili perché o alle spalle del giocatore o all’interno di edifici.
E il tutto non è scevro di pesanti bug come, per esempio, la classica compenetrazione poligonale (sembra quasi una pratica BDSM), o poligoni che improvvisamente spariscono lasciandovi cadere nel nulla più assoluto. E questi sono solo due tra i tanti esempi che potrei fare.
Sotto il profilo audio c’è da notare che il gioco è pompato sui bassi, cosa che a me, da cultore del british sound,  non piace per nulla

Putenza totale!
Putenza totale!

Storytelling
In The Elder Scroll III Morrowind esistono due storie, che si trovano su due piani narrativi diversi.
La prima è la quest principale e il suo corollario di sottoquest, da quelle personali (ovvero del singolo NPC) a quelle di gilda o casata o altro. Dire che l tutto sia di una banalità sconcertante è come dire che l’acqua è bagnata: lapalissiano.
Ma l’altro livello narrativo, certamente più importante, è quello che ci vede nei panni del master del nostro personaggio. L’assoluta (nei limiti delle regole) libertà d’azione che abbiamo non ci da dei vincoli o dei lacci che bloccano la nostra fantasia, anzi!
E’ questo il lato positivo di questo genere di giochi rispetto ai più classici story driven. Se in questi la storia è banale e/o mal raccontata ci passa la voglia di giocarli, perché è il fulcro nodale del nostro divertimento.
Negli open world (o sandbox) è diverso: siamo noi i creatori e narratori delle gesta del nostro personaggio, saremo noi a crearlo e a dargli vita. Tutto ciò non è splendido e divinamente potente?
Piccola notazione sul background o lore in cui si svolgono le vicende: è fatto in maniera seria e stupendamente credibile, anche se non mancano alcune piccole contraddizioni con il narrato e gli eventi.

ScreenShot 13
ComPenetrazione poligonale.

Il mondo
In assenza di una storia che ti guida attraverso il mondo, questo viene creato grande dai programmatori del gioco. Vvardenfell è un’isola di medie dimensioni (più grande di Ischia, più piccola di Sicilia e Sardegna. Forse sommando Malta con Gozo e Comino si riesce ad avere un’idea delle dimensioni del mondo di gioco. Anche se, in effetti, è una grandezza talvolta artificiale: per arrivare dalla costa Est a quella Ovest o da quella Sud a quella Nord non ci vuole molto tempo camminando (o, meglio, correndo) a piedi. Però in certi casi abbiamo zone da cui non posiamo passare (soprattutto nella direttrice E-O) e ci tocca fare il giro dell’oca.
Ventuno centri abitati (più altri quattro con con le espansioni Tribunal e Bloodmoon) abitati da NPC che ripetono sempre le stesse frasi, svariate decine di dungeons (siamo ai livelli di World of Warcraft, ma è una peculiarità della sere TES) traboccanti nemici e tesori, una fauna a dir poco pietosa (c’è un solo tipo di volatili), una flora leggermente più variegata (ma non troppo), una serie di quest secondarie una più inutile dell’altra (qui non esistono i punti esperienza, si sale di livello alzando le skill) se non per qualche succulento premo finale.
Il mondo è si vasto e credibile ma è statico: NPC che fanno sempre le stesse cose e dicono sempre le stesse frasi, l’alternanza di giorno e notte è si piacevole a vedersi ma è irreale e non si riflette sul gioco e sui comportamenti sia degli NPC che in quelli dei mob se non in rarissimi e ben delineati casi (incontrati di notte con X nel posto Y, a mezzanotte Z sarà sulla collina di fronte al lago A, eccetera).
E tutto questo purtroppo mina sulla longevità di un titolo vastissimo, che supera facilmente il centinaio di ore giocate se non, addirittura, il doppio.
E’ vero che posso creare quanti personaggi voglio, tutti con caratteristiche e background diversi tra di loro; ma il fatto che, comunque, abbia la possibilità di portare a 100 tutte le abilità creando così il “personaggio perfetto” privo di difetti mina in maniera irreparabile la possibilità che io lo possa rigiocare.

ScreenShot 9
Uccidere una dea e poi bullarsene con gli amici al bar

Giudizio
Che è un capolavoro? Per Garzanti

opera eccellente; l’opera migliore di un autore, di un’arte, di una corrente letteraria o artistica, di un’epoca:…

mentre per Wikipedia

Per capolavoro s’intende un’opera generalmente considerata eccelsa, oppure la prima in ordine d’importanza di un artista, artigiano o autore.Nelle opere artigianali e manuali il capolavoro è la prova di abilità a cui veniva sottoposto l’artigiano o l’operaio per acquisire la qualifica; detta opera, in genere un manufatto, doveva rispondere ai requisiti tecnici ed estetici richiesti dalla specializzazione e fissata dalle corporazioni, per gli artigiani in epoca tardomedievale, e dalle direzioni tecniche di settore per gli operai specializzandi, in epoca industriale.

 

 

 

Leggendo bene le due definizioni Morrowind può essere, senza tema di smentita, un capolavoro: è l’opera migliore (altri sostengono sia Daggerfall, ma è passato troppo tempo perché io ne abbia un ricordo vivido e vivo) di Bethesda fino all’uscita di Skyrim (che chissà quando riuscirò a giocare). Sicuramente uno dei CRPG più monumentali mai usciti. Ricco di difetti ma anche di pregi, ed i secondi sono preponderanti sui primi.
Un gioco diverso sia dai CRPG classici, con una storia complessa e ricca di sfaccettature e di bivi morali (che, comunque, in Morrowind non mancano); che da quelli d’azione, lineari e banali fino allo sfinimento del dito indice che clicca forsennatamente sul tasto sinistro del mouse.
Un gioco complesso, dove il narratore della storia è duplice, dove abbiamo una narrazione ed una metanarrazione ed è compito del giocatore decidere qual è la più importante tra le due: quella del gioco o quella che crea lui per il suo personaggio.
Un gioco che non si può dire di non poter giocare visto che gira, non benissimo, anche su indicibili baracche.
Se non un capolavoro sicuramente un “must have”
Piccola notazione finale prima della tabella riepilogativa: il gioco è in inglese ma è stato tradotto dai ragazzi dell’Italian Translation Project (scaricabile, tra i tanti, dal blog dell’amico Tass). Purtroppo è presente un piccolo bug in Bloodmoon, una delle due espansioni del gioco e a mio avviso quella meglio riuscita, che fa si che non si possa andare avanti. Quanto vi capita lanciate Morrowind Launcher, disabilitate la traduzione di Bloodmoon, riavviate il gioco, date ok a tutti i messaggi d’errore, ritornate a parlare con lo sciamano, vi dice una cosa, riabilitate la traduzione dal launcher, di nuovo lanciate il gioco e di nuovo ok agli errori, riparlate con lo sciamano e andate avanti con la main quest. Perché il bug pregiudica proprio l’ultimo step.
Avvertenza: la recensione è stata scritta a gioco non completato, anche perché rischio di scriverla tra qualche ann.. decenn… secolo. A Vvardenfell c’è tanto ma tanto da fare ed io ho poco, poco tempo per farlo. Ho comunque concluso le main quest delle due espansioni e sono al 90% di quella del gioco base. Per una volta accontentatevi.

Pro Contro:
Incredibile libertà ruolistica
Particolari poco curati
Background estremamente coerente
Motore di gioco ottimizzato malissimo
Mondo di gioco estremamente dettagliato
Diario delle missioni mal fatto e confusionario
Moddabile e personalizzabile Impossibilità di personalizzare la propria magione, che poi è un castello

approved

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