@pbersani Io non mi fido
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@pbersani Io non mi fido

di un partito che ha fatto del gattopardismo la sua professione di fede, di un partito “eh, le presidenze delle due camere, delle commissioni, la RAI, l’elezione del Presidente della Repubblica, le cavallette, i sette re di Roma, Atlantide”, di un partito che “abbiamo alcune banche”, di un partito che cambia idea a una frequenza maggiore del battito delle ciglia, di un partito di professionisti della politica invece che di cittadini imprestati alla, di un partito che non vuole rinunciare ai nostri soldi nonostante il parere contrario espresso dagli italiani con un referendum e poi ci aumenta le tasse “perché ce lo chiede l’Europa”, di un partito Euroconvinto senza se e senza ma, di un partito “facciamo scegliere i parlamentari alla gente” ma con il listone bloccato del segretario, di un partito che paracaduta i suoi dirigenti in collegi sicuri, di un partito la cui coerenza è pari alla consistenza dello scheletro delle amebe, di un partito che è di sinistra ma soprattutto no, di un partito che è di centro ma forse no, di un partito che è sicuramente di destra, di un partito che sull’acqua pubblica ha cambiato idea a tre giorni dal voto, di un partito che vuole opere (TAV, Terzo Valico, Gronda di Genova) e oggetti (F35) inutili perché si, che in vent’anni di parlamento non ha mai fatto nulla per contrastare Berlusconi e i berluscones, di un partito con Luciano Violante che rassicura il Cavaliere Nero, di un partito che ha più conflitti d’interessi privati del summenzionato Diversamente Alto.

Non è compito del MoVimento 5 Stelle levare castagne dal fuoco, far quello che altri non sono stati capaci di fare in oltre due decenni, appiattirsi o trovare convergenze parallele: perché per noi la politica è passione e non professione.
La differenza tra il MoVimento 5 Stelle, i suoi eletti, il suo programma (per quanto lacunoso esso sia) e il Partito Democratico e la sua dirigenza è talmente palese che solo un mulo testardo potrebbe continuare a percorrere questa strada.
Se il pallino lo vuole veramente il centrosinistra, allora non gli restano che due strade:
1) l’inciucione tra PD, PDL e, eventualmente, Monti. Questo significherebbe principalmente la fine del primo e, probabilmente, potrebbero aprirsi crepe anche nel centrodestra.
2) governo in prorogatio, con l’attuale esecutivo che sbriga gli affari correnti mentre le decisioni politiche vengono prese dal parlamento. Siamo o no una repubblica parlamentare? Lo so che i decenni di fiducie poste dai vari governi che si sono succeduti potrebbe averlo fatto dimenticare, ma così dice la nostra carta fondamentale. Potrebbe essere, per il PD, un’ottima occasione per fugare ogni dubbio sul mantenere o meno quanto promesso in campagna elettorale
Esistono altre alternative (governo di unità nazionale per le riforme e successiva chiamata referendaria per chiedere agli italiani che legge elettorale desiderano e, eventualmente, il nuovo ordinamento dello Stato. E in questo caso le mie preferenze sono per premierato e uninominale secca. Oppure governo di tecnici esterni alla politica ma vicini al pensiero di Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle), ma le vedo meno percorribili.
In un’ottica di mera tattica politica è lapalissiano che un governo di tipo 1) non farebbe altro che ingolfare le file degli elettori del MoVomento 5 Stelle e ridurre al lumicino, se non farlo implodere, il Partito Democratico.
La seconda opzione, caldeggiata vivamente dal professor Becchi dell’Università di Genova (la mia Alma Mater), è probabilmente la più facile da realizzare e quella che lascerebbe indenni tutti i partiti dell’arco parlamentare con, forse, l’eccezione del Popolo delle Libertà che potrebbe iniziare a creparsi.
Non è importante chi ha il pallino, ma quello che ne vuol fare: attacco, difesa o cos’altro?
Basta non arroccarsi su posizioni che danneggiano l’interesse generale degli italiani, che a loro di quelle del (non solo)Partito Democratico non interessano affatto.

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