La masturbazione mongola
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La masturbazione mongola

Sta per arrivare sui consumatori una mazzata mica da ridere: un aumento dell’IVA del 1%, che la porta, sui generi non di prima necessità, a un massimo del 22%.
Tralasciamo in questa sede i costi di adattamento dei software di fatturazione, dei registratori di cassa e quant’altro, e concentriamoci su una domanda sicura:
cui prodest?
A chi giova questo aumento dell’IVA, ovvero del costo dei prodotti che ci servono come cibo, vestiario, carburanti; come quelli non di prima necessità come giocattoli, sigarette, souvenirs, biglietti teatrali, ingresso ai concerti (eccetera) di un punto percentuale?
Agli italiani che pagheranno tutto più caro e, di conseguenza, consumeranno meno?
No di certo.
Ai commercianti, soprattutto al piccolo commercio, che si vede aumentati i prezzi d’acquisto delle merci e diminuiti gli incassi ed i guadagni?
Ovviamente no
Al gestore di una pompa di carburante che vedrà calare il numero di mezzi che si fermeranno a riempire il serbatoio?
Men che meno.
L’elenco potrebbe continuare all’infinito: dalle piccole e medie imprese nazionali a una costellazioni di lavoratori che, a fronte di una maggiore uscita, non avranno una maggiore entrata?
Assolutamente no.
Dopotutto l’aumento porterà a una maggiorazione della spesa media annua familiare di ben 135 euro.
Come se si navigasse nell’oro…
Lo Stato italiano?
E’ stato dimostrato che l’aumento precedente (20->21%, 17 settembre 2011), effettuato dal diversamente intelligente di Arcore, ha portato a una forte diminuzione delle entrate derivanti dal gettito dell’IVA.
Se chiudono migliaia di imprese all’anno, se chiudono tra i 50 e i 100 esercizi commerciali al giorno, come si può essere così idiotamente cretini da pensare di far cassa aumentando la pressione fiscale sui consumi?
Ora, se l’idea l’avesse avuta Brunetta – la testa più lucida ma anche una di quelle che di economia ci capisce di meno del centrodestra – non sarebbe stato un problema: idea idiota da persona simile. Ma, cavolo, l’ha avuta un professorone universitario, uno che passa la sua vita sui testi economici, che è sempre circondato da cifre e numeri. Come può sbagliarsi uno del genere? Semplice: proprio perché è uno del genere: un teorico e non un pratico.
Tralasciamo la boutade di Beppe su una mamma al ministero dell’Economia (idea che non è poi così totalmente peregrina), concentriamoci sui freddi numeri: nel primo bimestre dell’anno in corso il gettito IVA è calato del 9,4% per un ammontare di 1,2 miliardi.
Notare come, dall’aumento di un punto percentuale, la perdita bimestrale secca media sugli introiti dall’IVA è stata di circa 2 miliardi, ed è in costante aumento.
Come ha fatto notare Bechis su Libero, con quell’aumento si sono sommati diversi errori:
1) la Ragioneria Generale dello Stato calcolò che l’aumento avrebbe portato a un maggior introito di ben 4 miliardi di Euro. Per la serie: le sparo grosse nella speranza che la gente dimentichi.
2) l’aumento dell’IVA portò a una contrazione delle entrate nelle casse erariali dovuta a un forte calo dei consumi e delle spese da parte dei cittadini italiani.
In pratica
riducendo i propri acquisti, spendendo meno di prima e così neutralizzando quegli aumenti sul proprio bilancio familiare
Ma è semplice, banale, ovvio.
Se gli introiti familiari rimangono invariati e se aumentano le uscite fisse inderogabili (bollette e beni di prima necessità), è talmente ovvio e palese che il consumatore medio avrebbe contratto la propria spesa, soprattutto sui generi voluttuari ma anche in generale, causando una palese diminuzione delle entrate derivanti dal gettito dell’IVA.
Ci sarebbe arrivato un bambino dell’asilo, ma non ci sono arrivati fior fiore di economisti, ragionieri generali e consulenti.
Ma torniamo alla domanda iniziale: cui prodest un’ennesima contrazione della domanda interna di beni e servizi?
Ovviamente non a chi questi li eroga come fattore di ultima istanza o ne è beneficiario.
Ma allora chi?
Semplice: tutti quei gruppi internazionali (statunitensi, anglosassoni, francesi) di distribuzione fisica (Grande Distribuzione e Grande Distribuzione Organizzata) oppure online (Amazon in primis), soprattutto quelli che usano sistemi di elusione fiscale come il sandwich olandese e/o il raddoppio irlandese.
double-irish-arrangement
Metodi legittimi, beninteso, previsti da quell’Europa che tutela i colossi ma non i consumatori.
Forme di elusione fiscale attuate, tra i tanti, anche da Amazon e Google.
Gli altri che traggono vantaggio da forme di tassazione simile (che, beninteso, è legittima e normale) sono quei membri di una classe politica e dirigenziale composta prevalentemente da incapaci, buoni solo da aumentare la benzina o la tassazione che aggrava sul popolo italiano.
Chissà come mai altrove avviene il contrario
Si, odo benissimo il vostro controcanto: se gli italiani comprano meno, neppure loro ne beneficiano perché, dopotutto, vendono meno.
Vedete, è la strategia del lungo periodo da loro applicata che mette paura: ora guadagno meno, ma allo stesso tempo faccio sparire ogni forma di concorrenza.
E una volta fatto questo, soprattutto grazie all’elusione fiscale e ai “tesoretti” che queste aziende riescono comunque a mettere da parte, chi li ferma più?
Già oggi sono un monopolio di fatto, immaginate quando lo diventeranno realmente.
E’ questo che vogliamo?
E’ questa l’Italia, l’Europa che vogliamo lasciare alle prossime generazioni?
Oppure non trovate che sia arrivato il momento di dire basta, di gridare con tutto il fiato il proprio no a politiche economiche fatte con i piedi invece che con il cervello?
Ecco, facciamo arrivare ai nostri governanti un messaggio chiaro e forte affinché cassino dal patto di stabilità (gli cambiano nome, ma rimane sempre la vecchia Finanziaria) questo scellerato e stupido aumento di un punto percentuale dell’IVA.
Anche perché la gente non ce la fa veramente più.
Mentre nell’Europa intelligente:

 

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