Coco après comique
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Coco après comique

Newton ebbe la rivelazione della sua vita beccandosi una mela sopra la testa, a me è successo con una scarpa da tennis

locandinaSignore e signori, ragazze e ragazzi, sono lieto di presentarvi il programma del PD messo su pellicola. Potrebbe sembrare una boutade politica, invece questo film, anche se a sessi invertiti, è la fine che ha fatto il Partito Democratico con il governo di o’Nipote: a letto con dei vecchi.
Però qui si parla di cinema, e la politica lasciamola un attimo da parte.
Storia di un amore improbabile tra la quasi quarantenne, divorziata con prole al seguito, Alice, donna in carriera che per il successo venderebbe non solo i buchi delle orecchie ma anche la verginità di quella scassaballe della figlia minorenne; ed il giovane Balthazar, di anni 20, universitario tipico con scooter rosa ed un sacchetto perennemente in tasca.
Amore improbabile, dicevamo, ma non impossibile.
Anzi, molto ma molto possibile perché… e per scoprirlo bisogna vederlo.
Non so se definirlo divertente e a tratti imbarazzante o imbarazzante e a tratti divertente.
Decisamente imbarazzante è l’interpretazione di Virgin Efira, che pare più rifatta e plasticosa di una qualsivoglia soubrette candidata nel Popolo delle Libertà.
Mentre Pirre Niney è decisamente a suo agio nel ruolo del pischello che si fa la nave scuola.
Ma chi svetta, qui, è il cast di comprimari: ognuno eccelle nella sua parte, dai colleghi e capi di Alice per finire con gli amici e la famiglia, soprattutto il padre, di Balthazar.
Il tutto tacendo di una colonna sonora briosa e divertente.
Cosa che, purtroppo, non si può dire di questa scipita commediola transalpina a cui non solo manca il pepe, ma pure il sale e tutte le altre spezie.
Pure il finale puzza del peggio Hollywood lontano 100 miglia.
E non è perché affronti un argomento up-to-date (traduzione in italiano: da protofighetti radical chic) come il rapporto tra MILF e toy-boy che riesci a fare un buon film.
Non importa l’argomento che affronti, ma come lo evisceri.
E, onestamente, il dualismo omosessualità e moda (che non è il focus del film ma il suo altare laterale) ha, scusate il francesismo, ampiamente rotto il cazzo.
Divertente ed imbarazzante, imbarazzantemente divertente, divertentemente imbarazzante.
Un film che non lascerà traccia di se nell’empireo transalpino: è più inutile degli otto punti di sutura di Bersani.

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