Il marxismo latte e fiele
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Il marxismo latte e fiele

In Italia esiste uno zoccolo di marxisti così duri e così puri da non cader mai in contraddizione.
Quasi mai, suvvia.
Compagni: sbagliare è lecito, reiterare anche.
Tra i vari compagni che sbagliano (ma non vengono invasi dall’Unione Sovietica, come fece (non solo)in Ungheria) vi è uno strano quartetto:
Essi sono noti come collettivo Wo Ming Foundation, ex Luther Blisset (non il calciatore del Milan, beoti).
I nostri… vostri, un po’ come Letta e Silvio e Re Giorgio I: not in my name… Wu Ming iniziano, correva l’anno 1999, con un romanzo estremamente sopravvalutato, Q, ma comunque da leggere in ottica storica (è scaricabile gratuitamente, ergo non accampate scuse che poi vi interrogo).
Orbene, in Q si parla (anche) di pensiero unico.
E chi più di Silvio Berlusconi e del suo impero massmediatico rappresenta, nella nostra penisola, il pensiero unico? Si, ok, De Benedetti ed i piddini gli stanno al fianco, ma è insuperabile.
E’ il campione, il numero uno. Il boss.
The Number One.
Pertanto qual è l’ultima cosa che ti aspetti da un collettivo marxista? A parte farsi intervistare da Repubblica, intendo.
Esatto: che pubblichi i suoi libri per una delle numerose case editrici del Pensiero Unico.
Non so, sarebbe come se economisti no-euro stampassero per case editrici affini al PUd€ (PD-PDL-SC). Che, in pratica, equivale al pensiero unico (oddio, Claudio Borghi ha fatto uscire il suo “Investire nell’Arte” per i tipi di Sperling & Kupfer, casa editrice del gruppo Mondadori. E scrive per il Giornale, di proprietà di o’Fratello). Ma, forse, un conto è essere di destra ed un altro marxista. Dai secondi ti aspetti coerenza, dai primi attaccamento al denaro.
Eppure:

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E di chi è Einaudi? Esatto: gruppo Mondadori.
Vabbè, coerenza per coerenza, eccovi un acerrimo antiberlusconiano “de fero” (ma molto più antiM5S, perché roviniamo gli affari sporchi dei suoi padroni):
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Mi direte: ma saranno pure cazzi loro, no?
No, non lo sono: si chiama coerenza.
E’ come la barzelletta di Alfano (nome di fantasia) che va in guerra: dava due dei nostri carrarmati in cambio di uno del nemico, ma solo perché consegnandone uno del nemico poteva andare in licenza.
Orbene, in una discussione (su un argomento assurdo, ovvero che quella del M5S sia una falsa opposizione e che il MoVimento sia organico agli interessi del PD ) tra il sottoscritto e loro quattro (fab four?), scatta l’osservazione e la loro risposta.

 


Lasciamo perdere la querelle, con sapore di flame visto che il lupo perde il pelo ma non il vizio, sul consigliare Google (che elude il fisco) come motore di ricerca: è semplicemente il più usato, ed ormai il termine “googlare” è uno dei (pessimi) neologismi entrati a far parte della lingua italiana. Purtroppo. Magari uno dei tanti motori open source sarebbe stato più raffinato e, perché no, più marxista rispetto al nominare la compagnia di Mountain View. Ma è una questione sia pretestuosa che di lana caprina.
Però andiamo su qualcosa ti più importante: cioè su come i nostri baldi marxisti giustificano il fatto di scrivere per Silvio B.
L’ultima, in ordine di tempo, è stata scritta dopo una lettera di Luca Casarini (chi non sa chi è smetta di leggermi o, come seconda opzione, faccia una ricerca con il suo motore preferito).
La si può leggere qui, esattamente come ho fatto io.
Mi sembrava di sentire, leggendola, la pletora di giustificazioni che snocciolavo all’insegnante (maestro o professore) perché non avevo fatto i compiti a casa o non avevo studiato.
Manca solo “il gomito che fa contatto con il piede” e siamo in piena era “Servi della Gleba
Esistono altre due prese di posizione del collettivo sull’argomento: una datata 2010 e l’altra decisamente più vecchia, del 2004, su Carmilla.
Prendiamo una loro frase tratta da quella del 2010 ma che, in realtà, è una citazione di quella del 2004:

Negli ultimi anni, le polemiche “boicottomaniache” hanno rischiato di fare il gioco degli yes men, dei leccaculo: chi chiede agli autori di sinistra di “andarsene da Mondadori” non capisce che così facendo il loro posto nella casa editrice e nell’immaginario collettivo (una posizione a dir poco strategica) sarebbe preso da autori e manager di destra (i quali non vedono l’ora), con piena libertà di spargere la loro merda incontrastati.

Innanzitutto nessuno assumerebbe mai del personale, e soprattutto dei manager, in base ad appartenenze politiche ma sulle professionalità, e questo vale vieppiù per le aziende quotate in borsa.
Uno capace è uno capace, non uno di destra o uno di sinistra o uno di centro o uno di sopra.
Inoltre, da non solo feroce divoratore di libri ma, anche, da ex libraio: mai letta scusa più puerile.
Partiamo da un dato di fatto: esistono gruppi editoriali che hanno una maggiore vendibilità e visibilità rispetto ad altri.
Essi sono i gruppi Mondadori, Rizzoli e Garzanti.
E poi esistono editori specializzati come, per esempio, DeAgostini.
O di nicchia di lettori, perché palesemente schierate, come Editori Riuniti (che, comunque, ha pubblicato autori importanti come, tra gli altri, Gabriel Garcia Marquez o Philip Roth)
Ma esistono case editrici italiane che possono essere sia importanti che di sinistra. Uno di questi rari esempi è Laterza, che stampa ottimi romanzi e saggi di incredibile bellezza. Ma, come tutti, anche vaccate incredibili.
Ora, dire che stare in Mondadori è l’unico modo per lottare dentro il sistema (ed io posso ribattere con un motto latino: pecunia non olet) e per far si che non vengano pubblicati autori di destra (quali? Emilio Fede a parte) è una colossale e macroscopica balla.
E’ vero, per il lancio e la promozione del libro è importante anche chi ti pubblica (che deve avere i soldi per il marketing e fare un buon planning al lancio, ma per il secondo servono persone capaci, non importa per chi votano), ma se il libro è una ciofeca colossale il suo posto sarà uno solo: scaffale fino al momento della resa (tre mesi con Mondadori, visto che è… era… tutto iperprogrammato, compreso il fatto che un determinato libro tu possa venderlo o meno. Già, perché mica sceglie il libraio che libri ordinare, gli vengono imposti. Esistono i grossisti, ma è una forma di strozzinaggio legalizzato).
Se un libro è buono, bello, ben scritto non importa con chi esce: la cosa più importante è che i librai e i recensori possano leggerlo e promuoverlo in anticipo o nei tempi giusti.
Tutto il resto è secondario.
Giusto altri marxisti, con il loro pensiero rigidamente schematico, possono credere alle puerili (Berlusconi è sopravvalutato?!? Non lo conoscete, casomai è sottovalutato, tanto da berlusconizzzare quasi tutto il PD, la cui sigla ora sta per PDue; vedasi lo schematico e massivo attacco all’articolo 138 della Costituzione) scuse accampate dai quattro Wu Ming.
Parafrasando Faber:
Se combatti il sistema all’interno del sistema diventi un ingranaggio del sistema;
se combatti il sistema da fuori diventi tu stesso sistema.

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