Accordo di libero suicidio nazionale
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Accordo di libero suicidio nazionale

Pare che la classe politica italiana non voglia imparare le lezioni che la Storia ci da.
Già nel 2001, con l’adesione della Cina al WTO, ci si è suicidati una prima volta.
Perdita di competitività delle nostre aziende sui mercati internazionali, perdita massiccia di posti di lavoro, delocalizzazione furiosa in nazioni dove il costo della mano d’opera costa così poco che ci si avvicina pericolosamente allo schiavismo indotto. E, last but not least, l’importazione di triplo concentrato di pomodoro cinese che, allungato con acqua ed inscatolato da noi, diventa magicamente Made in Italy; o la produzione e importazione di intere linee d’abbigliamento di marca e, pertanto, estremamente costoso che, inscatolate da noi, magari cambiandogli due particolari, diventano prodotti Made in Italy di note griffe d’alta moda.

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Il tutto tacendo sull’importazione di prodotti tossici o scaduti o del fatto che il marchio China Export sia pericolosamente simile a quello Europeran Conformance.
Nel frattempo, al di la dell’Atlantico, aziende che d’italiano hanno solo il nome o i defunti nonni o bisnonni emigrati in cerca di fortuna e passati sotto il giogo di Ellis Island come Auricchio o Belgioioso, producono formaggi “Parmesan” “Mozarela” o simili: imitazioni, non sempre ben riuscite e chissà con che latte e manifattura, di prodotti italiani tutelati dal disciplinare DOP. Il quale ha valenza all’interno della UE, ma non al di la dell’Atlantico dove non si premia la qualità ma la produzione. Basti vedere il successo del junk-food and beverage (McDonald & Co, Coca-Cola & Co),che è l’esatto opposto del mangiar sano, della dieta mediterranea e dello slow food.

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Orbene, non nuova (anzi) è la notizia, un po’ passata in sordina (chissà perché) del tentativo, soprattutto da parte italica, di portare avanti l’Accordo di libero scambio UE-USA.
Tentativo che vede tra i suoi sostenitori i maggiori esponenti del PUd€, come Angelo Panebianco del Corriere che ne scrive un panegirico idolatrante come mossa indispensabile per smarcarci dalla dipendenza tedesca (ma, a questo punto, ammette di aver mentito finora ai suoi lettori).
Il nostro non capisce un punto fondamentale: non basta cambiare il tipo di braccia (da tedesche a statunitensi) che ti stringono in una morsa mortale per sentirsi finalmente liberi dal giogo.
Perché questo è un gioco omoerotico particolarmente pericoloso, nel quale il partner più forte inevitabilmente schiaccia e colonizza quello più debole.
Ed è inevitabile che, così come nel giochino finanziario dell’Euro noi stavamo dalla parte dei perdenti, anche in quello del libero scambio con il Nordamerica a rimetterci saranno principalmente i paesi con un’economia debole e che mai hanno attuato riforme strutturali ad ampio respiro sia della Pubblica Amministrazione (il vero Cancro nazionale); di una profonda riforma della giustizia civile ed amministrativa che assicuri tempi certi e certi per arrivare a sentenza definitiva; l’annullamento, anche regresso, di tutti i benefici di cui godono le troppe Caste nazionali (non esiste solo quella politica). Fare, in parole povere, dell’Italia un paese moderno e migliore, dove si possa andare a testa alta fieri di essere suoi cittadini.
Ma questi cambiamenti non potrà certo attuarli una classe politica che è da decenni che blocca ogni tipo di innovazione o, quando li introduce, sono un mero pretesto elettorale (cancellazione dell’IMU) oppure producono danni incalcolabili sia ai cittadini che al Sistema Paese (legge Fornero); un sistema politico non basato sul merito ma sulla clientela (spero che al ministro Cancellieri fischino le orecchie), incapace di produrre leggi che non siano basate sull’oggi e sull’immediato ma abbiano una visione a lungo termine di quello che si vuole per l’Italia.
In mancanza di queste profonde riforme strutturali assisteremo, se e quando verrà firmato l’Accordo, all’Omicidio di Stato dell’ultimo comparto produttivo italiano che ancora funziona e crea occupazione, quello dell’agroalimentare.
Finiremo tutti a raccogliere cotone nei campi del Profondo Sud in guisa di novelli schiavi?

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Anche perché un accordo del genere, tra una moneta falsamente forte ma strutturalmente debole (€uro) ed una il cui valore viene costantemente tenuto più basso del reale (dollaro), chi favorisce? Chi comprerà da chi? Chi esporterà e chi importerà di più? Chi ne avrà i reali benefici e chi metterà od aumenterà il numero di pezze sulle natiche?
Una qualunque massaia saprebbe rispondere esattamente a queste domande.
Fate fare ad Enrico o’nipote Letta un corso di economia domestica, è possibile che possa intravvedere la luce oltre il tunnel della sua mente obnubilata.

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Inoltre, come ha sottolineato il quotidiano britannico The Guardian in un intelligente ed arguto articolo a firma di George Monbiot ma di certo taciuto da Panebianco (chissà come mai. Traduzione commentata in italiano su Voci dall’estero), il pericolo maggiore viene dalla possibile introduzione di normative, tipicamente statunitensi, che equiparano le Corporation non ad aziende, quali nella realtà esse sono, ma a persone fisiche; e l’introduzione di corti di risoluzione delle controversie Stato/investitori (leggasi: Stato/multinazionali). La sostituzione degli interessi nazionali e dei cittadini con quello elle grosse Corporation è una forma neppure larvale di dittatura capitalistica dell’azienda sullo stato nazionale.
E, alla fin fine, invece che un Premier, un cancelliere o un presidente eleggeremo un amministratore delegato.
Perché, come sottolinea l’enciclopedia Treccani

Questo, tuttavia, è solo un aspetto dei fenomeni di g., che comprendono, in particolare, una tendenza al predominio sull’economia mondiale da parte di grandi imprese multinazionali, operanti secondo prospettive sempre più autonome dai singoli Stati, e una crescente influenza di tali imprese, oltre che delle istituzioni finanziarie internazionali, sulle scelte di politica economica dei governi, in un quadro caratterizzato dall’aumento progressivo dell’integrazione economica tra i diversi paesi, ma anche dalla persistenza (o addirittura dall’aggravamento) degli squilibri fra questi

 

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Ammesso e non concesso che ci sarà ancora consentito non solo di votare, ma anche di poter ancora dire la nostra.
E tutto questo sta avvenendo senza che uno solo degli stati interessati abbia mai chiesto l’opinione dei suoi cittadini.
Dopotutto finché c’è gente che, una volta depositata la scheda nell’urna, se ne lava bellamente le mani di quello che le accade intorno – il tutto tacendo di coloro che non esercitano neppure questo diritto -, avranno buon gioco a fare quello che vogliono e a raccontavi incredibili balle alla Panebianco.

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